Notturno indiano by Antonio Tabucchi

Notturno indiano by Antonio Tabucchi

autore:Antonio Tabucchi
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838943928
editore: Sellerio
pubblicato: 2022-12-28T00:00:00+00:00


VII

L’autobus attraversava una pianura deserta e rari villaggi addormentati. Dopo un tratto di strada in collina con curve a gomito che l’autista aveva affrontato con una disinvoltura che mi era parsa eccessiva, ora filavamo su rettilinei enormi, tranquilli, nella silenziosa notte indiana. Ebbi l’impressione che fosse un paesaggio di palmeti e risaie, ma il buio era troppo profondo per dirlo con sicurezza e la luce dei fari attraversava rapidamente la campagna solo durante qualche sinuosità della strada. Secondo i miei calcoli Mangalore non doveva essere lontana, se l’autobus aveva impiegato il tempo previsto dall’orario di percorrenza. A Mangalore mi aspettavano due soluzioni: un’attesa di sette ore per la coincidenza con l’autobus per Goa, o una giornata in albergo e aspettare l’autobus del giorno dopo.

Ero abbastanza indeciso. Durante il tragitto avevo dormito poco e male, e sentivo una certa stanchezza; ma un giorno intero a Mangalore non mi attirava particolarmente. Di Mangalore la mia guida diceva che «situata sul mare di Oman, la città non conserva praticamente niente del suo passato. È una città moderna e industriale, con un piano urbanistico razionale e un aspetto anonimo. Una delle poche città dell’India in cui non c’è proprio niente da vedere».

Stavo ancora facendo le mie congetture sulla decisione da prendere, quando l’autobus si fermò. Non poteva essere Mangalore, eravamo in aperta campagna. L’autista spense il motore e alcuni passeggeri scesero. Da principio pensai che fosse una breve sosta per consentire le necessità dei viaggiatori, ma dopo una quindicina di minuti mi parve che la sosta si prolungasse insolitamente. Inoltre l’autista si era tranquillamente abbandonato sullo schienale del sedile e sembrava addormentato. Aspettai un altro quarto d’ora. I passeggeri rimasti a bordo dormivano pacificamente. Il vecchio col turbante davanti a me aveva preso da un cesto una lunga striscia di stoffa e la stava arrotolando con pazienza, lisciando accuratamente le pieghe ad ogni giro del panno. Gli bisbigliai all’orecchio una domanda, ma lui si girò e mi guardò con un sorriso vacuo, lasciandomi intendere che non capiva. Guardai fuori dal finestrino e vidi che presso il bordo della strada, in un piazzale di sabbia, c’era una specie di capannone fiocamente illuminato. Pareva un garage fatto di tavole. Sulla porta c’era una donna, vidi qualcuno che entrava.

Decisi di chiedere spiegazioni al conducente. Mi dispiaceva svegliarlo, aveva guidato per molte ore, ma forse era meglio informarsi. Era un uomo grasso che dormiva a bocca aperta, gli toccai una spalla e lui mi guardò con aria confusa.

«Perché siamo fermi?», chiesi. «Questa non è Mangalore».

Lui si tirò su e si lisciò i capelli. «Nossignore, non lo è».

«E allora perché siamo fermi?».

«È un autobus-stop», disse lui, «stiamo aspettando una coincidenza».

La sosta non era prevista nel programma del mio biglietto, ma ormai ero abituato a certe sorprese dell’India. Così mi informai senza mostrare meraviglia, a puro titolo di curiosità. Era l’autobus per Mudabiri e Karkala, seppi. Tentai una replica che mi parve logica. «E i passeggeri che vanno a Mudabiri e Karkala non possono aspettare da soli, senza che noi aspettiamo con loro?».



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